LE PRIME FOTO DI AIROLO

Dopo la grande serie di belle stampe che tanti autori dedicarono nei secoli alla ripresa di Airolo e del Gottardo, queste probabilmente sono le prime foto panoramiche del villaggio di Airolo, intatto, scattate dal fotografo Gabler di Interlaken in data a noi sconosciuta ma sicuramente collocabile attorno agli anni ’60 dell’800, tempi che precedettero la prima grande modifica del territorio di Airolo data dalla deponia del materiale di scavo della galleria ferroviaria che di fatto creò il grande terrazzo della stazione.

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Analizzando la prima foto, ripresa da Di là dell’acqua di fuori-Raviroi, a destra si vede l’Airolo “nuova”, con il più grande stabile del paese, l’albergo Motta del 1810 (ora casa Grassi). A destra c`è casa Beffa (che ricordiamo così, con il tetto a due falde), poi c’è, ancora con i ponteggi, la nuova casa di Davide Ramelli, un emigrante tornato dall’America che nell’inferriata del sopraluce della porta d’entrata, visibili ancora oggi, fece stampare in ferro le sue iniziali DR; lo ritroviamo pure nelle memorie del Trosi. Quella oggi è casa Borelli dove c’è scritta la data del 1869 che, con i citati ponteggi ancora montati, potrebbe starci anche per indicare un’attendibile data della foto.

Continuando l’analisi, dal Motta verso ovest troviamo parte del vecchio nucleo formato da stabili in legno di tipo Walser, per poi arrivare al grande tetto in scandole della Chiesa, molto più ripido dell’attuale. Continuando emerge il tetto a tre spioventi della Casa comunale e poi il nucleo storico di Fiüra con tante case di legno.

Proseguendo sull’attuale cantonale troviamo con una decina di stabili, il nucleo di San Carlo (distrutto dalla frana del Sass Ross del 1898); poi, sotto alla strada, quello di Albinengo con cinque stabili verso nord e una decina verso sud. Questi ultimi, prevalentemente agricoli, furono abbattuti per lo scavo della trincea di approccio alla galleria di direzione, la Richtstollen scavata per mantenere la linea di scavo sempre riferendosi ai fuochi accesi sull’esterno del portale, (il fuoco acceso era l’attuale raggio laser di direzione). Da ultimo verso ovest ci sono i primi stabili del Mulino.

Nella vasta campagna sopra ad Airolo, troviamo parecchie stalle nel mezzo di grandi prati ben delimitati dalle mura dei Cios (la linea in orizzontale), sopra c’erano i pascoli, poi il bosco e le balze di Stüei, di Funtèi e di Müsicc. Si notano pure le stalle alla curva di Pradasc e quelle sopra all’Out du Saotro, verso il grande maggengo del Motto Bartola, espropriato poi nel 1885 dalla confederazione per costruire le caserme e altri stabili d’uso militare. Sotto all’abitato molte rascane in mezzo a campi e prati. Poi, all’Isra, si nota un’ansa del fiume Ticino che veniva poco dopo raggiunta dal Ri det la Vallascia, che scendeva sotto il Motta nel bel mezzo dei prati di Rongie.

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La seconda foto, ripresa da Di là dell’acqua di dentro, mostra l’Airolo di levante con la vasta campagna di Lüina, così come quella di Ghiarnei punteggiate di stalle.

Il paese termina all’attuale “via Poncione del Vespero” e a Fiüra all’ex Ristorante Filippini, casa “di chi d’Carola”, (ora Passera), collegato, “sot ‘méza”, con la parte di casa di Fabio Beffa, ”Bambitt”, che allora era lo stabile più a sud.

Poi i prati scendono dolcemente verso il fondo valle, dove il fiume scorrazzava liberamente nel territorio detto “delle trenta isole”, (dalla Foss a Muron/Stalvedro), portando e togliendo ogni volta, a seconda della forza della buzza.

Il caso ha voluto che trovassimo un acquarello d’inizio ‘800 dove l’artista, Hans Conrad Escher, ci mostra una Airolo arcaica.

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Difatti, oltre la Chiesa e il cimitero (l’attuale posteggio), a levante ci sono pochissime case. Molto bello invece il territorio che dall’abitato declina dolcemente verso il fondovalle e il fiume con stalle, rascane e alcuni mulini alimentati dalle acque del Ri di Jèni. Si nota il ponte sul Ticino che, ad ogni buzza veniva travolto e la strada verso i Cios e Fontana. Dirimpetto alla strada, sul lato sinistro della valle , oltre a parecchie stalle si vede l’abitato di Albinasca. Verso levante, sotto al pericolo di valanghe troviamo solo la mulattiera, i prati e i campi della segale con i contadini che stanno accumulando i covoni sulle rascane per l’essicazione. Restando in tema, nel ’51 la valanga distrusse l’asilo e poi, colmandosi, riempì anche il posteggio della Chiesa e la strada cantonale sino addosso alle case.


Testo di Renzo Tonella